Durante il XVII secolo i migliori prodotti della grafica commerciale provenivano dai laboratori degli incisori su rame, i quali creavano i loro eleganti disegni per etichette sfruttando materiale già esistente: tavole di libri, biglietti di invito, intestazioni di fatture dei negozianti e biglietti da visita. A confronto, il lavoro dell’incisore su legno era primitivo: la xilografia era un metodo più economico, usato in particolare per le confezione di tabacco. Va comunque detto che anche i pacchetti di tabacco erano a volte stampati con la tecnica dell’incisione su rame.
Al volgere del XVIII secolo l’abilità di Thomas Bewick (1753-1828) aveva ormai dato impulso a questa arte e, in America, Alexander Andersen (1775-1870) ne aveva seguito le orme. Nel XIX secolo, in concomitanza con la diffusione sempre più capillare della pratica dell’etichetta, anche la tecnologia di riproduzione fece costanti progressi e i disegnatori di etichette li misero a frutto. La Great Exibition, tenutasi a Hyde Park, Londra, nell’estate del 1851, stimolò molte aziende a creare qualcosa di speciale per i loro prodotti che sarebbero stati esposti agli occhi di un pubblico internazionale.
Huntley&Palmer, ad esempio, commissionarono l’ideazione di una nuova etichetta per la scatola dei loro biscotti: il risultato fu il famoso marchio di fabbrica Garter and Buckle, che rimase in uso fino agli anni ’50. Nei trent’anni successivi, l’avvento di un metodo di stampa più economico e di alta qualità trasformò la veste grafica delle etichette: finalmente venivano esplorate tutte le potenzialità dell’etichetta come forma artistica, sebbene solo in tempi recenti sia stata riconosciuta come una forma d’arte degna di studio.